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lunedì 4 novembre 2013

Emigrare in Canada nel 2013: ...la burocrazia, l'amore ai tempi...della frontiera, Clint Eastwood ...e che la forza sia con voi!


La vita nel 21esimo secolo assomiglia sempre di più' ad un ufficio di collocamento, non trovate? Certo, direte, grazie per avercelo ricordato. Dicci di più' di come e' facile trovare un lavoro oggigiorno. No, aspettate, non volevo dire questo. Non alludo alle sterminate liste di disoccupati che fiaccano gli archivi di agenzie oberate di domanda ma prive di offerta.Parlo delle sembianze burocratico ed evanescenti che ha assunto la vita di migliaia di persone ai giorni nostri. Finalmente collegate in maniera capillare fino agli angoli più' remoti del pianeta, potenzialmente meglio istruite circa le sorti che lo stesso sta attraversando ma paradossalmente ancora più' incapaci di avere un peso specifico, una consistenza, un destino impostato. Non solo, siamo ormai destinati ad una sempre più' libera circolazione per il mondo, ad un senso di appartenenza territoriale che evolve al passo delle promozioni RyanAir, eppure ci sentiamo più' simile ad un codice alfanumerico o ad un pacco UPS che non ad un essere umano dotato di volontà.  Chiariamo, la volontà' di viaggiare, esplorare il mondo o entrare in un paese per magari restarci certo non ci manchera'. Ma la capacita' di decidere dellanostra vita a quel punto sarà' pari alla possibilità' di impostare le condizioni meteorologiche in favore di una giornata dedicato al campeggio.   
Aspettare a lungo risposte dal Governo Canadese puo'
nuocere gravemente alla salute.
Ci sono le leggi migratorie direte voi, postulati chiari e incontrovertibili che paesi più' evoluti del nostro hanno impostato da decenni per regolare la loro forza lavoro e la loro cittadinanza. Certo, come esistono i satelliti che dovrebbero rendere le previsioni meteo sempre più' infallibili. Buona fortuna per il vostro campeggio...e non dimenticate l'ombrello. Han messo sole tutto il giorno.                                                                                              Accettate di imbarcarvi in un progetto di emigrazione? 
Buona fortuna. Quello che e' capitato a me, può' essere successo a molti altri come a nessuno. Nel senso che e' assolutamente imprevedibile quello che può' piovere dal cielo quando consegnate (simbolicamente o meno) il vostro passaporto nelle mani di un agente dell' immigrazione o di un poliziotto di frontiera. La mia storia non e' stata delle più' complicate o sfortunate, intendiamoci…ma sarebbe tranquillamente potuta andare meglio.


Entro in Canada il giorno 30 Agosto del 2012. Sono in possesso di un visto working/holiday che ho ottenuto dall'ambasciata canadese di Roma. Il suddetto visto dovrebbe garantire 6 mesi di permesso lavorativo (per tutti gli altri paesi i mesi sono 12 ma tant'e') eppure alle 5 del mattino, uscendo da un pullman di ebrei ortodossi diretti a Montreal da New York, Cristo prende un volo diretto e da Eboli stavolta si ferma alla frontiera tra il Maine e il Quebec. Sorridendo all'assonnato ufficiale di dogana mi fa concedere 8 mesi, 2 in più' del consentito. Sul momento non capisco. Poi scoprirò' che il primo gettone di discrezionalità' Canadese mi e' stato a favore. Bene cosi. Lavoro i miei primi mesi in un altro ufficio di collocamento, quello della ristorazione "italiana", dove orde di compatrioti ambiziosi si parcheggiano "solo x qualche mese", nella speranza, sempre diciamo, "che si riesca a trovare un lavoro nel campo di studi".Ci accorgiamo presto sempre tutti, che il campo di studi rimane italiano, così come le nostre lauree quasi mai riconosciute, ed il paese nel quale ti trovi, se vuoi essere edotto, ha anch'esso un fantastico portafoglio di corsi di studio. Non vedevate l'ora di ricominciare a studiare daccapo eh? questa volta magari con la confortante prospettiva di essere indebitati ancora prima di cominciare a lavorare? Fantastico.

 Dopo aver già' speso tutta la mia ingenuità', oltre che le mie serate, nella ristorazione"napuletana" di New York, decido che forse val la pena iscriversi ad un internship, un tirocinio a zero dollari si, che avrebbe il vantaggio di procurarmi esperienza pratica e di farmi conoscere nell'industria locale.
Posto di lavoro nell'ufficio QA di Canadian Fishing Company
 Riesco a ottenere un posto alla Canadian Fishing Company e questo effettivamente aiuta. Dopo 3 mesi in cui faccio 40 ore in ufficio più' altre 25 al ristorante riesco in qualche modo a ottenere un colloquio per un posto manageriale in un'azienda di prodotti da forno e pasticcieria. La fortuna o il destino mi sorridono ancora, perché' in qualche modo riesco a ottenere il posto. Ovviamente ho saggiamente glissato sull'argomento che il mio visto e' ormai scaduto e sono in attesa di una risposta d'estensione che arriverà' sicuramente negativa (ho sagacemente finto una sponsorhip inesistente con l'azienda del tirocinio), ma tant'e'. Dire solamente che in quanto straniero bisognera' affrontare il discorso sponsorhip prima o poi pare bastare per il momento. Paolo 2: Sfortuna 0 

Quello che succede poi e' che nel mese di Giugno Cristo riprende a fare villeggiatura a Eboli o su un altro pianeta, perché' la legge d'immigrazione Canadese, che regola il rinnovo dei permessi lavorativi, cambia in peggio e noi perdiamo un mese prima di accorgercene.Bene Paolo, il vento e' cambiato. Ora e' il tempo per l'elmetto e lo scudo. Assodato che e' vano estrapolare alcuna informazione da reiterati messaggi preregistrati o tenaci, orribili, musichette telefoniche che rispondono al numero del Canada Service Office, decidiamo che e' meglio abbandonare l'affollata strada dell'immigrazione federale per tentare la più' saggia e celere via della sponsorizzazione provinciale. Essa, scopriamo, si articola per categorie economiche e porta dritto alla nomination per la Residenza Canadese, senza passare dal via.E' pero' ormai tardi quando inoltriamo tutta la pratica sotto la categoria degli High Skilled Worker.  La provincia della British Columbia promette di fornire risposta entro 8-12 settimane ma siamo già' a meta' luglio e la mia possibilità' di restare nel paese legalmente si esaurisce a inizio settembre. Lavoro sulla border line della legalita' tutto il mese di Luglio e Agosto senza percepire paga. No assegni, che a questo punto sarebbero una prova inconfutabile della mia trasgressione al sistema immigratorio, ne tantomeno contanti, che l'azienda si rifiuta di versare perché' facilmente tracciabili dal sistema (una PICCOLA differenza col "sistema Italia").A settembre ottengo un permesso di rientro al mio paese, così da poter lasciare il Canada giusto in tempo per lascadenza del mio periodo di soggiorno, già' 2 volte esteso.   
Il mio acerrimo nemico!

Dopo un bellissimo rientro in patria devo prontamente rientrare all'ovile perché' l'azienda non mi ha fornito più' di 3 settimane di ferie, ma purtroppo nel frattempo non ho ricevuto ne in Italia ne in Canada, alcune novità' della Provincia. Ergo devo rientrare nel paese come turista sperando che al confine non si accorgano che sono uscito solo 3 settimane prima e dunque non sospettino abbia un posto di lavoro a cui tornare. Purtoppo la peggiore delle ipotesi, e il peggiore dei doganieri, si materializzano quando alla frontiera, la storia di una presunta fidanzata che tornerei a visitare non viene bevuta. Il poliziotto di turno dallo stampo americano sul mio passaporto (sono uscito e rientrato attraverso il confine con Seattle perché' ho erroneamente creduto fosse un modo piu' efficace per non lasciare traccia, quando se avessi volato da e per Vancouver sarebbe stato più' innocuo) sospetta appunto che sia appena uscito dalla vicina cittadina canadese e si domanda il perché' di tanta fretta nel rientrare. Comincia un'interrogatorio seguito da perquisizione, degno del miglior spy cinema. Il poliziotto sa il fatto suo e mi mette alle strette, domanda sempre di più' circa la mia corrente occupazione, i miei legami con l'Italia e informazioni personali circa la mia fidanzata.Ho studiato la parte e rispondo piuttosto bene, conosco i dettagli della mia fittizia relazione e non offro il fianco a possibili imboscate. Il mio interlocutore tuttavia ancora non si fida e chiede di poter parlare con lei, sequestrandomi il cellulare.Non avrei potuto immaginare ciò' che poi e' seguito. L'ufficiale ritorna da me e mi chiede di seguirlo nella back door. A bruciapelo mi domanda chi sia la persona che nella cartella messaggi figura al nome di Shenny. Costei e' la General Manager della mia azienda e io, non avendo pensato a sviluppi tanto nefasti, non ho cancellato un messaggio scambiato una settimana prima in cui chiedevo se ci fossero novità' legate alla nostra application per la PR.Il sangue mi si gela e penso d'istinto a come uscirne. Non bastano le mie assicurazioni che non ho mai lavorato illegalmente, che non lo faro' nel breve futuro, ma che ho semplicemente seguito il corso del processo applicativo durante l'estate, quando sono rimasto in città' per la frequentazione con la mia fidanzata.Permesso negato. Rejected. Il poliziotto mi restituisce al mittente. Come un criminale vengo accompagnato dall'altra parte della frontiera, su suolo di nuovo americano, dopo un'umiliante passerella tra le macchine ferme in coda per varcare i due rispettivi confini. Non solo, consegnato ai colleghi americani, vengo pure deriso scambiato, per gioco, per un naufrago della Costa Concordia. Proprio così, questo e' l'umiliante spettacolo che diamo di noi all'estero. Champagne, connazionali.


Mi tocca rientrare a Seattle, a casa di un amico che grazie a Dio non ha problemi a riospitarmi un paio di notti. Nel frattempo riordino le idee, ora parecchio confuse e ammaccate, e alcuni documenti che potrebbero ancora propiziarmi un accesso al confine. Ritento qualche giorno dopo con un biglietto aereo di rientro in Italia, poi subito cancellato, e documenti che attestano la mia residenza italiana.    
Io e la mia fidanzata
(sullo screen saver del mio cellulare)
Con un buona dose di fortuna e sfacciata capacita' attoriale dopo un'altra ora e mezza d'interrogatorio riesco a convincere il Canada che sono un'italiano benestante e follemente innamorato. Ergo merito di rientrare nel paese per un'altro breve periodo per coronare il mio sogno d'amore. Il nuovo pass per Vancouver viene rilasciato dopo un'ininterrotto sguardo negli occhi che dura minimo 15 secondi. Roba che avrebbe fatto lacrimare perfino Clint Eastwood nella scena finale di "The Bad, The Good and The Ugly". "You guys are trouthfully" mi sento dire. Puoi entrare nel paese per stare con lei, "..but you better don't do any job..otherwise you are in trouble". Meglio che te ne stai buonino senza lavorare, ti teniamo d'occhio. "Ehm..sure!" ..azz..Sono dentro, ce l'ho fatta. Ma e' molto meglio che non faccia piu' cazzate, penso.Aspettero' semplicemente la risposta della Provincia, mi convinco. Ormai ci siamo quasi.


Questo "quasi" durerà' un altro mese abbondante. La risposta arrivera' alla 14esima settimana rispetto alle massimo 12 preventivate.Nel mezzo ci saranno: crisi isteriche, viaggi della speranza verso la mia azienda per elemosinare un'altro po' di pazienza, crisi di panico dopo chiamate anonime con l'occultamento di tutti i documenti firmati nel periodo estivo, conto bancario ormai prosciugato, appartamento non rinnovato per il mese a seguire e nervi a fior di pelle.E' lunedì 21 Ottobre, e finalmente dall'Italia arriva la notizia della nomination per la Permanent Residence. Sospiri, urla di gioia, salti di gioia sul letto e poi… ancora preoccupazione. Come faro' ad ottenere il nuovo permesso lavorativo ora? 

L'avvocato mi consiglia un'altra rischiosa rulette al confine..(fare richiesta internamente costerebbe altri mesi di attesa e probabilmente, concordiamo, un mio pronto internamento al più' vicino ospedale psichiatrico).Chi di confine perisce, di confine ferisce, capovolgo ottimista. Si va giu' a prendersi cio che mi spetta, esclamo! Peccato che la mia fidanzata fittizia… non si sente abbastanza Clint Eastwood (o Rambo o Johnny Depp in Blow) per accompagnarmi e supportare la mia precedente versione… glom.O la va o la spacca. Scendo il giorno 25…e come in tutte i film d'azione che si rispettino..o come nelle più' comuni classi di scuola secondaria superiore…il finale e' un colpo di scena… la volta che si e' pronti, si ha studiato..si ha la faccia colorata di mimetico o la cartella piena di homework ben svolti… il confronto a fuoco, l'interrogazione.. dura più' o meno 5 minuti. "Ecco qui il suo nuovo permesso lavorativo, la autorizza a quel posto di lavoro in quell'azienda. Congratulazioni..ed in bocca al lupo per una pronta Permanent Residence!" Non ci posso credere, e' fatta. Mi sento quasi insultato per non aver potuto dar sfoggio della mia preparazione.. (ma per questa volta… credo sorvolerò'!).Sono di nuovo dentro, ora con un permesso lavorativo. Sul bus di ritorno condivido la mia gioia con gli amici, i parenti e l'azienda.   
Nuovo visto lavorativo!
Maaa…ta dan..! Il giorno dopo, prontamente, ricevo una chiamata da parte loro.. "Paolo preferiremmo che tu non ritornassi a lavoro domani, vieni dopodomani..dobbiamo discutere qualcosa a quattr'occhi".Ci eravate cascati eh? Non e' mai finita fino ai veri titoli di coda, gente. Il vero finale e' sempre posticipato, come in ogni buon film thriller che si rispetti.  La mia posizione e' stata data a qualcun altro proprio qualche giorno prima. "Non potevamo più' aspettare". Mi comunica l'azienda.La cattiva notizia e' che questo risvolto si e' effettivamente verificato, come temevo. E proprio per colpa di qualche giorno di ritardo della Provincia o della mia superficialità' al confine la prima volta.La buona e' che e' capitato proprio perché' la mia assistente ad un certo punto se n'e' andata. L'uffico era sguarnito, in sostanza. Quindi nel male mi viene comunque offerta la sua posizione, facendomi figurare ufficialmente ancora come Manager nel caso di potenziali controlli, ma, ovviamente, percependo molti meno soldi di prima."Chissa' che fortuitamente non capiti qualche licenziamento improvviso al nuovo manger nei prossimi 3 mesi di prova.." commenta, con tono sornione e implicito, il mio avvocato, prontamente raggiunto al telefono."Gia'..chissà'.." borbotto io.. "dopo il clandestino ora mi toccherebbe fare anche il sabotatore nel mio stesso ufficio"...

  Ma tant'e', proprio un giorno prima di ricominciare, sono qua a scrivere..e penso a questa incredibile storia d'immigrazione durata oltre 5 mesi..con 4 passati grattando il fondo dei risparmi in assenza di salario, 2 lontano dal luogo di lavoro, con 3 visite alla frontiera nel giro di un mese ed esiti ogni volta diametralmente opposti alle attese…una fidanzata fasulla di cui ormai conosco più' cose sul suo conto io che probabilmente la madre, un rebound al confine degno del film "The terminal" ed il tutto… partendo da una posizione manageriale e la sponsorizzazione dell'azienda..due fattori già' di per se rari per un'emigrante nei suoi primi 8 mesi di soggiorno.                                                          

Morale, gente: 

-Non c'e' niente di facile sotto il sole promettente dell'emigrazione. 

-Si, ormai siamo solo scartoffie nelle mani di pigri impiegati governativi o schizofrenici ufficiali di frontiera…

-Sbagliando si impara, ma, credetemi, meglio non giocarsi il Jolly quando si sta scommettendo sul proprio futuro… o si ha di fronte un poliziotto di frontiera incazzato...

-Dopotutto e nonostante tutto..se si crede abbastanza nei propri sogni e nella propria stella…niente può' fermarvi. Solo abbiate fede che i titoli di coda arrivino presto, preparatevi tanti gelati al cioccolato anti depressione, qualche buon amico vicino per consolarvi, una copertina per i momenti bui e vedrete, credetemi, sperateci…sarà' probabilmente un happy ending.  

Sul North Shore di Vancouver alla fine di Ottobre.
Gli italiani sono duri a morire.. :)






martedì 3 settembre 2013

Presente imperfetto, futuro semplice... :)


Provate a immaginare il futuro. Qualcosa che abbia a che fare con le vostre vite e le più' comuni incombenze. D'accordo, se siete italiani provate con un faticoso sforzo di astrazione e disegnatelo senza chiassosi slogan, ingombranti faccioni stuccati di cerone e culi e tette in uso secondo il nuovo conio. Fate ancora meglio, cancellata pure la sensazione di vertigine perenne che scandisce la vita attraverso quel' orologio rotto chiamato incertezza. Inceppati quasi subito eh? La matita immaginaria ha tratteggiato un dipinto a meta' tra una tela surrealista di Dali' e una beffarda Gioconda che caparbiamente, magia, ha ancora l'ovale e il sorriso inverecondo di Mr. B. 
Coraggio compari, e' solo un brutto sogno! Purtroppo la nostra capacita' d'immaginare il futuro ci e' stata saccheggiata insieme al futuro stesso. Sapientemente lobotomizzata tra gli speciali di Barbara D'urso, gli slogan Orwelliani in heavy rotation e il pollaio sconcio della politica in televisione.  
Qui la televisione quasi non esiste più'. E La politica svolge così noiosamente la sua funzione d'amministrazione pubblica che nessun circo equestre e' stato ancora pensato per intrattenere nessuno. Il prestigiatore mediatico e' seduto triste in camerino. Gli passano pizza o spaghetti. Nessuno lo chiama a  distrarre con la seconda mano un pubblico compiaciuto. Nessuno pare essere compiaciuto e la gente sa intrattenersi da se. 
- Veduta del quartiere Gastown in notturna -
Benvenuti nel futuro. O nel presente grande e vaccinato che sa prendersi cura di se, senza ingombranti genitori.
 Vancouver finisce di festeggiare i suoi 125 anni di storia e questo si dira', aiuta, se e' vero che le culle della civiltà' (Italia e Grecia) annaspano in un Mediterraneo di malcostume, oltreché di debiti.
La città, come scrivevo, ha un certo aplomb british nel suo approccio verso la cosa pubblica. La gente ama fidarsi dell'altro. Follia, masochismo? No, perché' questo, in fondo, risparmia un sacco di energie, congetture macchiavelliche, pesantezza epatica. La gente, sapete, vede negli altri il riflesso di se stessa, niente di più' vero. Chapeau alla cultura canadese, quindi. Compilation di capitalismo americano nelle giuste dosi, specchiato civismo inglese e socialismo europeo adattato a quell'indole hippie che da sempre ha battuto il territorio, perlomeno quello della British Columbia, dal quale scrivo. 
- Architetture di Gastown -

I ventenni americani impermeabili all'indice di Zio Tom fuggirono proprio qui negli anni '60. Nella pace isolata della lontana Nelson o sulle sponde Pacifiche dell'ora turistica Tofino, capitale surfistica del Nord Ovest.
La provincia della British Columbia e la maggior parte di Vancouver, tradiscono tutt'ora quello stesso spirito rilassato e nature, comune a quelle aree ancora non sovrasfruttate, e paesaggistiamente incantevoli, che sanno prendersi cura di se.
La pioggia alle volte intristisce il tutto e' vero, ma rimane la certezza di una natura superba che calma e pacifica, ed e' sempre li al bisogno.
Downtown, dal canto suo, svetta con le sue cime color argento e le facciate a specchio come un'isola nel tempo e nello spazio. Se mai avete ritenuto quei plastici in scala delle città' del futuro pura fantasia o, alla meglio, ottimistiche visioni degne di Spielberg qui dovrete ricredervi. 
- Veduta dello stadio, Science World e downtown Vancouver -
Il centro città' sembra una cristalleria Swarosvsky, la metropolitana, esposta, entra nei palazzi come il treno di Howgsorth nel muro della stazione di Harry Potter e ci sono sufficienti lineamenti asiatici da credere che la Cina non sia solo vicina, ma abbia già' colonizzato il mondo conosciuto da decenni. Il tutto e' pero' protetta da abbastanza vegetazione da realizzare dopotutto,di non essere finiti sul set di Transformers, ma di stare sperimentando una nuova civiltà' dove ambientalismo, tutela e moderno sono parole che di colpo smettono di insozzarsi nella bocca dei politici per ritrovano un significato. Procioni e puzzole spesso esplorano fino al giardino di casa mentre orsi e cervi non di rado bazzicano fin lungo la strada che conduce sul pendio di North Vancouver, periferia milionaria che domina Vancouver e ospita tra le altre case di Bill Clinton o di influenti finanzieri con gli occhi a mandorla.
La vita scorre tranquilla e ordinata. Gli eventi notturni, anche se non la specialità', animano una città' che comincia a scopririsi bella ed esclusiva. Come un'adolescente mozzafiato che inizia a mettere in coda i pretendenti. 
-International Village, il quartiere dove vivo -

 Il fatto che rimanga tutto sommato piccola invece e' tra le caratteristiche che la mantengono ancora la terza più' vivibile al mondo. Gli investimenti asiatici, ovvio, non mancano quindi di fluire costanti da anni, rendendola di fatto una dependance dell'economia di Pechino, Tokyo e Seul. 
La cosa più' bella di tutto questo quadro e' infatti che il paese e' aperto all'immigrazione. Permessi di residenza sulla base delle capacita' professionali o economiche sono la regola. Quasi linfa vitale per un paese così ricco ma ancora così sottopopolato nel quale la crescita continua soprattutto per mezzo delle persone.  Come un puzzle multicolour o un progetto open source sono le varie etnie e le idee migliori a creare il quadro, e sono acquisite dall'esterno, senza paure, fobie protezionistiche o barricare razziste medievali. 
- il lago Elfin, 1600 m d'altitudine, nei pressi di Squamish -
Dal punto di vista culturale la scena artistica, anche se povera della influenza europea tipica della costa est, prova anch'essa piano piano ad affermarsi. La primadonna e' la musica dal vivo, con parecchie band che si influenzano a vicenda dalla vicina Seattle e suonano sempre nuove e originali. Tuttavia bisogna infilarsi scarpe sportive e pantaloncini per scoprire la vera specialita'.
- BC place di notte -
Se solitamente vi chiudete in palestra a sollevare pesi o a sciogliervi su un talis roulant siete probabilmente nel posto giusto. Vancouver ha sufficiente spazio, varietà' e natura da soddisfare con gli sport outdoor anche il più' esigente dei decatleti. La recente olimpiade invernale 2010 l'ha resa la località' sciistica più' cool del Nord America. Sfortunatamente anche la città' più' cara, ma questo purtroppo va da se ed e' sufficientemente compensato da stipendi che finalmente hanno fatto pace con l'inflazione. 
Vancouver e' insomma una bella cartolina dal futuro per un presente che spesso non trova pace e ha perso la capacita' d'immaginarsi diverso. Veniteci a caricare le pile. 
-Wreck beach al tramonto- 


lunedì 18 febbraio 2013

Italiani sola andata. 2.0.


Dopo un anno trascorso lontano da casa ci si trova di fronte come a delle scadenze psicologiche, dei termini di conservazione. Da riordinare preferibilmente entro...
La mia "casa" ambulante
E allora anche il blog che hai aggiornato col contagocce ti ricorda che potresti effettivamente tirare qualche somma, e magari dargli motivo di esistere. Pensi ad un modo di setacciare il buono, soffiare sulla polvere di gesso della tua piccola scultura. Vedere che sembianze ha preso.  
E così' di colpo ti ritrovi catapultato nella roulette dei ricordi, delle nostalgie o, ben peggio, nell'ingenuo gioco del "cosa ti ha colpito di più'", dove e' dura fare una seria selezione all'ingresso.
Opti quindi per un resoconto più' pragmatico. Una seria analisi delle vicissitudini del moderno migrante italiano nelle sua avventura fuori porta. Magari un piccolo abbecedario di consigli per altri aspiranti poeti, santi e navigatori (per le prime due non prendetemi sul serio!) che stanno chiudendo il proprio "backpack" (la valigia di cartone ha fatto carriera) per avventurarsi nel mondo. 
Italiani in fuga 2.0. Istruzioni per l'uso, un secolo e molte aspettative fallite dopo. Titolo carino no?
E allora via di setaccio. Dura elencare ordinatamente le sensazioni che paesi diametralmente opposti come Cuba e gli Stati Uniti, o città' agli antipodi come Trinidad e Vancouver, possono ispirare.  Ma allo stesso tempo pazzesco notare come l'elastico dell'umanità' tenda ancora i suoi estremi tra il 1940, le Ford a 2 tempi, il comunismo, Fidel Castro, fino a città' Nord Americane che sono già' nel futuro, parlano mandarino e costruiscono grattacieli completamente antisismici di solo vetro. 
Il mondo e' bello perché' vario si dira', ma tutt'ora vive di 2 velocità (obbietto io, nella mia ingenuità'). 
Habaneros giocano a domino,
in una rilassata Domenica pomeriggio.

Di Cuba mi ha comunque colpito quel senso retro' di un tempo perduto che ancora detta le regole, di un'isolamento impermeabile al tempo che passa, di una retorica che non e' ipocrisia ma la fiera e coerente conseguenza delle proprie idee. Le persone, per quanto ce ne sian di ogni sorta o credo, ancora coltivano orgoglio e senso di appartenenza come un valore. Comunque sia. Strano, altrove avrei giurato fossero tatuaggi all' henne' da mostrare quando gioca la nazionale o quando si va in vacanza all'estero e ti ricordano quanto "beautiful" sia il paese dal quale sei appena uscito (leggasi scappato).
Poi prendi un aereo e, complice ancora uno stupido, antico embargo, voli su Toronto per aggirare lo storico nemico capitalista e ti ritrovi a stropicciarti gli occhi, oltre che battere i denti e domandarti dove sia sparito il sole delle 4 del pomeriggio.
Veduta di Toronto dalla CN tower

Welcome to the future…or the modern jungle (canterebbe Axl Rose!). Hai cambiato così tante cose nel giro di 4 ore di volo che Marty McFly ti potrebbe chiedere dritte sul Jet Lag e ti sentiresti pronto per sceneggiare il nuovo Ritorno al futuro, chapter 4".
Il taxi non e' un più' una carrozza o una bicicletta ma e' diventata d'incanto una limousine in stile Matrix, le facciate fatiscenti in stile barocco spagnolo, grattacieli alla Blade Runner, piallati col 3D.
Se devi passare la notte da qualche parte ti comunicano che sulla rete wifi accessibile col telefonino si trovano motori di ricerca specializzati. Il sistema "ti porto a casa di mio cugino che ti fa spendere poco" da quelle parti appare complicato. Perché' la città' conta 6 milioni di abitanti… o forse nessuno ha più' cugini.
Poi piano piano ricominci a familiarizzare con la realtà' e ti accorgi che il mondo da queste parti ha semplicemente corso più' alla svelta, e il tuo mondo appartiene a quella via di mezzo che anela alla prima categoria ma sguazza ancora alla grande, non solo psicologicamente, nella seconda. 
Ecco il Canada delle metropoli. Economia al galoppo avvolta in un comodo, sempre gelido, cappotto british. Qui l'integrazione razziale non e' urlata propaganda ma motore di sviluppo. I servizi alla persona sono la regola e non appalti per sole, sottopagate, cooperative, ovviamente comuniste. La cosa pubblica e' anche tua, proprio perché' pubblica. Non di qualcun'altro, quindi deturpabile, per poi pretenderla funzionale quando torna utile di nuovo.
Realizzi tutto questo quando prendi autobus dove le persone ringraziano l'autista nello scendere alla propria fermata, lasciano sul serio i primi posti ai disabili e si, si arrabbiano come bestie, semplicemente se cerchi l'ora sul tuo telefonino nel bel mezzo di un film al cinema. La parole rispetto e senso civico improvvisamente si gonfiano di significato e ti scopri finalmente normale nell'averci sperato.
Poi arriva il momento di scendere negli States e li tutto cambia. Quel senso di educato distacco tra le persone si assottiglia e tutto diventa più' esuberante, sguaiato, teatrale (ops..cinematografico. Pardon). 
Jam session in Washington Park (NY)

Gli Stati Uniti sono divertenti, vivi, ma davvero a volte si fatica a distinguere il finto dal vero. O forse distinzione non c'e'. E' il cinema fatta realtà' o la realtà' che si fa cinema, a seconda.
In una celebrazione religiosa, ad Harlem, non volevo credere ai miei occhi quando ho visto maxichermi karaoke assecondare i canti gospel "in onda" sul palco. Duetti conditi da ammiccamenti che manco Whitney Houston & Mariah Carey ai Grammy Award. E sermoni in grado di dar filo da torcere all'oratoria impeccabile di Barack Obama. 
Movimento "Occupy Wall Street" a Union Square (NY)

Tutto sembra scenografico ed ingigantito, e come sul maxi schermo, il compito più' arduo consiste nel distinguere il finto dal vero. Dove finisce l'onesta' e dove comincia il grande circo dell'intrattenimento, nel lavoro come nei rapporti.
Tuttavia c'e' un grosso senso del diritto e una forte consapevolezza del proprio ruolo nella società'. Mi e' capitato di assistere a pubbliche manifestazioni spontanee a New York come a Washington, o di discutere di politica (senza dover finire la conversazione con sospiri o gesti d'impotenza) pure in Florida. 
Dopo un'esperienza tosta ma foriera di utili anticorpi a New York, sono tornato, con un visto lavorativo, nel pacifico Canada, questa volta sponda Ovest. 
Business men a Wall Street (NY)

Vancouver mi ha fornito un'altra faccia della stessa medaglia, tuttavia questa volta credo sia stata testa, invece che croce.
L'immigrazione anche qui, come New York, e' risorsa insostituibile. Ma e' tutelata e riconosciuta, invece che sfruttata. 
A differenza del capitalismo estremo di The City, la citta' si e' costruita nel giusto equilibrio tra business e tutele alla comunita', leggasi politiche ambientali, attenzione alle fascie piu' deboli e… igiene.
Non più' topi con i quali dividere la metropolitana insomma. D'altra parte la West Coast e' qualcosa di spettacolare, ovunque vogliate, dalla California fino alla Yukon, e torna forse più' facile prendersi cura dell'ambiente quando aprendo la finestra, vedi montagne "altissime, purissime, levissime" specchiarsi nel Pacifico. Tutto si intristisce un po' perché quando hai vissuto a New York il resto ti sembra periferia, ma col passare del tempo inizi ad apprezzare piccole grandi cose come la gentilezza delle persone, i sorrisi sinceri nonché' il percorso jogging più' secenografico del mondo…e i sederi femminili più' scolpiti.
Col passare del tempo, e degli stati, hai inoltre sviluppato una preziosa immunita' ai cliché' sugli italiani e non ci fai più' troppo caso. 
Anzi, in definitiva, realizzi che venir etichettato come un esperto gourmet, un fine esperto di moda, un raffinato edotto in storia dell'arte o..un latin lover..solo perché' italiano, potrebbe non essere del tutto falso. In definitiva.
Insomma ti studi, ti guardi attorno e quasi riconosci, per contrasto, tutte queste caratteristiche assegnateti per "discendenza". 
Il nostro potenziale e la nostra storia ovunque ci precedono, e parlano per noi. Ci si creda o no.
Ed e' allora li che il rammarico per le sorti del tuo paese, comincia a pungerti sul serio. Che ti fa imprecare.
E, cocciuto continui a sperare in un sostanziale, provvidenziale, mai troppo tardivo, cambio di rotta. 
Perché' ti piacerebbe, prima o poi, cominciare a sentirti italiano anche tra gli italiani. 


Veduta del paesaggio circostante Vancouver, al tramonto, da un ponte di downtown.




domenica 11 novembre 2012

Un week end gruuunge!

Veduta di downtown e Columbia tower
Non poteva che cominciare cosi. Una due giorni sporca e cattiva a Seattle, si era detto. Un mordi e fuggi nella citta' del grunge, approfittando dei due giorni liberi ciascuno.
Poteva anche cominciare peggio, effettivamente. Imbarcarsi sulla prima macchina diretta a sud, oltre il confine. E poi vedere chi si incontrava, dove tirava il vento.
Invece, complice anche  l'organizzazione last minute, si e' optato per il bus. 
Un bus comunque sporco e cattivo (ed economico) sia chiaro. 
Pine Market Place


E un arrivo al fotofinish nella migliore tradizione action movie, con tanto di corsa nell'androne della stazione, e strigliate al taxista “Non puo' andare piu' veloce?!” che avrebbero inorgoglito stuole di sceneggiatori navigati. Il Bolt bus, biglietti anche a 1 dollaro, nella migliore tradizione low cost europea, ci aspettava gia' con l'aria minacciosa di volersene andare senza di noi, in una serata umida di fine Ottobre, in una spoglia stazione alle porte di downtown.
Con un pizzico di fortuna (che io continuo ostinatamente a chiamare “tempismo perfetto”) ci imbarchiamo invece sul bus, trafelati e increduli, e facciamo rotta verso Sud, al confine di Stato.
Dopo un passaggio alla dogana piu' tranquillo del previsto riprendiamo il cammino per un'altro paio d'ore, il tempo di stalkare due ragazze di Chicago recentemente trasferitesi proprio nella principale citta' dello stato di Washington. Una delle due, apprendiamo presto, lavora niente di meno che in Microsoft, nella sede del colosso informatico, che, come anche Boeing e Starbucks, ha piantato le sue radici nell' “evergreen” state.  
Strada a Capitol Hill

Giungiamo in citta' che e' praticamente notte, ore 22:30 inoltrate. Ovviamente ci troviamo depositati in una zona di cui e' raccomandabile nella migliore delle ipotesi, qualche insegna luminosa al neon, perdipiu' a ideogrammi, a segnalare, col beneficio del dubbio, presenze di vita nelle vicinanze. Purtroppo le stesse, per l appunto asiatiche (capiremo di essere stati a Chinatown), non si rivelano utili nemmeno per indicarci un telefono o cambiarci i dollari canadesi in qualche salvifico spicciolo americano, il necessario per un biglietto del bus.
Il Bus appunto. Siamo attesi, oltre tanto non poteva arrivata la nostra “capacita' organizzativa”, da un couchsurfer di mezza eta' di stanza a Burien, che capiremo presto, si trova a Seattle come Monza si trova a Milano. Non esattamente la posizione perfetta, considerando che e' ormai notte e di pullman ne passano col contagoccie, ma tant'e'. Sporca e cattiva doveva essere, sporca e cattiva...e stanca, sara'.

Lorenzo e le indicazioni
stradali 

Dopo aver saggiamente deciso, forti della nostra inattaccabile conoscenza geografica di Seattle, di cambiare un bus per un'altro per non aspettare il prescelto troppo a lungo, i nostri si ritroveranno dapprima a ridiscendere per intero l hinterland di Seattle, poi a ritrovarsi sperduti ad un capolinea che ricorda il film post apocalittico “The Road”. Ancora a questionare con un vigilante sciancato che pare uscito da un film di Fellini, ad accendere una disputa assurda sull'ora con dei senzatetto degna del teatro di Beckett e infine a girovagare a vuoto per un'ora su una strada maledetta colpevole, alla fine della fiera, di chiamarsi 4 South West invece che semplicemente 4 South.
Capiremo solo alla fine, una volta giunti sfiancati come cavalli alla benedetta abitazione di Larry, che quei volponi di Seattle hanno diviso la citta come una mela, chiamando le strade delle due meta' nello stesso modo, a differenza di un simpaticisso suffisso W. (ovest appunto) a distinguere quelle volte a ponente rispetto quelle affaciate s oriente, nell'entroterra.
Dopo aver sorriso istericamente alla pacifica e inappuntabile delucidazione di Larry guadagnamo i nostri letti, che se non altro, sono qualcosa di estremamente confortevole dopo le fatiche del nostro pellegrinaggio.  
scultura moderna al Seattle Center


La casa, a ben guardarla, e' infatti lussuosa e il simpatico Larry si rivelera' un maturo imprenditore edile recentemente dirottato all'industria aeroportuale per sopravvenute difficolta' congiunturali, leggasi crisi economica applicata al mattone. Anche qui, se non altro, i NordAmericani si sono dimostrati piu' svelti e capaci di noi.
Al risveglio, tonici e pimpanti siamo finalmente pronti per vivere la famosa “Citta' Smeraldo”, nome debitore di una lussureggiante vegetazione circondariale, che come Vancouver, adorna la citta' e trae vantaggio dalle abbondanti pioggie.
Stranamente, siamo accolti da una beneaugurante mattina soleggiata, che, col passare delle ore, si pentira' un poco di tanta esuberanza e si nascondera' timida, dapprima dietro nuvole multicolore, poi, definitivamente vinta, da una pomeridiana pioggerellina sottile, che, ci viene comunicato, ha il pregio di farci assaporare la vera Seattle. Quella grigia, non quella verde. 
Commosi da tanta genuina e locale ospitalita' metereologica facciamo i conti con le difficolta' tecniche di un'ombrellino che sembra piu' adatto ad una Caipirinha che a due aitanti turisti ma poi, comunque contenti di un'atmosfera tanto sudicia e “grunge” cominciamo la visita della citta'.
Larry ci consiglia una prima visita al Pine Market Place, nella zona antica. Non avrebbe effettivamente potuto consigliarci di meglio.
Questo mercato giornaliero che occupa e anima la parte piu' vecchia della citta', adagiata sulle sponde della baia, e' una rivelazione. Colori, profumi e un'assortimento di articoli il piu' vario ed ecclettico ci consegnano probabilmente l anima piu' sincera e ruspante della citta'. Al banco del pesce gli inservienti si lanciano, con la stessa disinvoltura, urla da camionisti e tonni giganti mentre nel lato dedicato all' oggettistica, artisti locali vendono articoli d' artigianato con la passione del lavoro fatto col cuore. Sull'altra lato della strada boutique enogastronimiche si rincorrono a colpi di profumi e vetrine accattivanti mentre al piano inferiore del mercato un muro completamente coperto di chewing gum risponde all'americana al romantico cortile di Giulietta e Romeo, e ai suoi muri completamente coperti di dediche d' amore ed eterne promesse. Sempre di eccesso di zuccheri parliamo, in fondo.   
Il muro di "gomma" 

Dopo aver conosciuto persone, prodotti e simboli del luogo ci dirigiamo verso un'altra icona immancabile di Seattle.
Lo Space Needle ci aspetta dopo una breve passeggiata lungo 1st Avenue, con la sua inconfondibile sagoma alla Star Trek.
Dopo aver stimato la sua altezza non all'altezza di tanta presunta altezza (in realta' e' il costo di 20 dollari che fa noi piuttosto bassi) altezzosamente procediamo oltre, e notiamo che il museo della musica e del movimento grunge, si trova praticamente a due passi, offrendoci un'assist d'oro per visitarlo seduta stante. Purtroppo il pomeriggio e' ormai inoltrato e il museo sta per chiudere. Ovvio.
Space Needle

Dopo aver chiesto informazioni sul contenuto impariamo che l'esposizione permanente contiene sezioni dedicate soprattutto ai Nirvana e a Jimi Hendrix (gruppo e chittaristi entrambi di Seattle) mentre non c'e' effettivamente un approfondimento sul movimento grunge o sulle formazioni tuttora in attivita'.
Decidiamo quindi di procrastinare alla serata e a qualche locale dal vivo la nostra ricerca della vera anima musicale di Seattle.
Dopo aver visitato una mostra di WordVision dedicata alle urgenze sociali e sanitarie dell'Africa piu' povera decidiamo, contriti, di cominciare il nostro impegno sociale cominciando dalle urgenze a noi piu' vicine.
Ci mettiamo alla ricerca di un ristorantino (dove eventualmente ascoltare musica dal vivo). :D
La nostra insistenza viene premiata quando in uno Starbucks riceviamo la dritta giusta per un buon locale livemusic non troppo distante, sulla 2 Avenue.
Io e Jimi Hendrix

Bene, il conto a passivo con la fortuna deve venire definitivamente colmato quando, seduti al bancone del “Crocodile”, ci sentiamo comunicare che questo “E' il posto dove i primi Nirvana solevano esibirsi”...Wow! Non potevamo inciampare in niente di meglio. :)
Attorno a noi poster b/n dei Mudhoney, Pearl Jam e gli stessi Nirvana troneggiano su uno dei luoghi simbolo del movimento grunge. E noi ci siamo casualmente finiti dentro!
...aspettiamo una tempesta di meteroriti castigarci all'uscita o qualche altro evento ugualmente catastrofico rovinarci il resto del viaggio!
Scongiuri a parte, siamo contenti di tanta buona sorta e ci godiamo il concerto!
Sul piccolo palco, in fondo alla sala, una band “electro, pop-melodyc” riporta le lancette al 2012, ricordandoci che la citta' non vive nel passato ma continua al contrario a incoraggiare le nuove tendenze musicali. Nella fattispecie il sound tipicamente hipster che spopola ultimamente in Nord America, da New York a LA.
Concerto dal vivo al "The Crocodile"

Dopo l'esibizione, peraltro di alto livello, ci congediamo e riprendiamo la rotta verso Monza, questa volta imbarcandoci sull autobus giusto. :)
L'indomani saremo di visita, in compagnia della fedele sottile pioggerellina, prima a Capitol Hill e ai suoi negozzietti underground di antiche polairoid reciclate e vecchi vinili, poi di nuovo a PineMarket Place, per un ultimo souvenir e qualche saluto. 

Pescivendolo di Pine Market


Infine un altro caffe' in una delle tante catene sparse per la citta' e come sipario, ovviamente, un'affannosa corsa per l'ultimo bus verso Vancouver.
Sunday e Lawrence, 2 amici conosciuti
alla fermata del bus





Sara' l'istantanea finale di un viaggio tanto breve quanto intenso, intriso, oltre che dell'umida', da un'atmosfera ruvida e vibrante, che ci consegnano una citta' genuina e viva. Quella Seattle ruspante che ancora dopo vent'annie, rappresenta un' epicentro di tendenze artistiche ed energie in evoluzione, qualcosa di cui effettivamente si sente la necessita', ed in Italia anche la mancanza.

Space Needle e EMP museum





venerdì 12 ottobre 2012

Diari di bordo

"E' dura. A volte e' dura credere sia tutto qui. Alzare lo sguardo, fare due conti, passare in rassegna il gia' visto, il vedibile, cio' che ci aspetta. Come un leone che si vuole saziare di tutto e subito, la curiosita', la fame della vita, ci spingono a divorare cio' che e' alla nostra portata, fino a spingerci al limite.
Ebbene ogni salita, scalata che si rispetti, ha la sua cima, e poi, ovviamente la sua discesa, il suo precipizio. Non la sola speranza o la residua curiosita' per cio' che rimane da sperimenare rinfoloca l'uomo. Credo ci voglia ben altro. Qualcosa che vada al di la' della lista di propositi o desideri terreni, che, chi piu' chi meno, traccia quotidianamente.
Qualcosa che abbia un calore e un sapore diverso dell'ingenua speranza di incontrare casualmente le persone giuste, i momenti buoni, gli sguardi complici. Capace di giustificare l'attesa, le scuse per la diretta, i vuoti a perdere.
Qualcosa che arda dal di dentro, in maniera inestinguibile. Che sposti e rivaluti la nostra scala di valori, i punti fermi. Che dia un senso altro. Anche se senso non c'e' o non sara' mai alla nostra portata.
Perche' di una lunga, ennesima corsa, non rimanga solo il nastro dell'arrivo ai nostri piedi, la sfocata fotografia di un istante che abbiamo ricordato di ricordare, ma il sapore di un percorso, la panoramica di un destino, che passo dopo passo ha trovato consapevolezza di se'."
  (dal taccuino, in un pomeriggio di riletture)            
                                                    Broadway - New York - 22/04/12

"L'attesa"  (Harrison Springs - Ca - ) 
                                                                                                        

giovedì 13 settembre 2012

It's up to you...New York...New York!!

Prima casa. Nel Queens.

Difficilmente troverai alter citta’ in grado di entusiasmarti come New York.
La cattiva ragazza anche se pericolosa ammalia e seduce. E alla fine credi di non poterne fare piu’ a meno. Ti conquista.
Difficile stabilire se sia piu’ quello che ti da o quello che ti toglie. Questo, immagino, dipende dal proprio personale equilibrio o da cosa uno vada alla ricerca. La bad girl offre un catalogo di alternative che e’ pressoche’ infinito.
Angolo del Village, dove ho lavorato.

A me, personalmente, ha dato e insegnato parecchio. Piu’ di quanto certe porte chiuse, persone sbagliate o incontri a vuoto abbiano potuto togliermi.
New York non si nega a nessuno, e con le sue grandi braccia tatuate mamma America, e’ pronta ad offrire uno spicchio di se a chiunque sia in grado di addentarla.
Come la piu’ famosa mela proibita: ti invita a servirti.
E’ tosta, dicono. Vero.
Ma allo stesso modo e’ onesta e ti dice quanto vali.

Sara’ immorale e spietata, forse. Ma probabilmente e’ lo specchio fedele di un certo urban homo sapiens sapiens del 21esimo secolo e applica una rigida selezione naturale. Darwin ringraziera’. 
Angolo tra 4th street and 6th Avenue
- Greenwich Village -
 - Central Park -

Ponte di Brooklyn,
da Lower Manhattan

New York continua a rimanere la roccaforte americana delle possibilita’ a misura di ogni tipo d’ambizione.  Autoalimenta il suo mito anche in tempi di crisi, e la gente continua a rincorrerla a caccia della sua El Dorado. Fama, fortuna o semplicemente una buona voce da mettere a curriculum ( magari condita da un buon network di conoscenze “giuste”); la grande mela rappresenta il paradigma del sogno Americano da tradurre in (consumistica) realta’, declinato nella sua forma glamour.
La scintillante metropoli della promessa:
“Se ce la fai qui ce la puoi fare ovunque!”, si cantava.
Dura arrivarci e dura restarci, il capitol visti e’ una jungla nella quale si rischia d’impazzire. Ma alla fine trovi i trucchi, le crepe del sistema e i suoi paradossi. E scopri che anche l America non e’ poi cosi diversa da tanti altri paesi. Se hai talento (piu per arrangiarti e venderti, paradossalmente ) troverai il modo di avere il tuo spazio, e forse la tua piccolo fortuna.
Dicevamo che e’ dura, vero. E anche finta, e fredda.
Se hai modo di frequentare un certo tipo di middle-high class, come mi e’ capitato, capisci quanto tutto sia un gioco di specchi, e le possibilita’ concrete poi si riducano a quanto bene sai conoscere le persone giuste e vendere te stesso ai party. Il networking. Sport nazionale numero uno da queste parti.

E’ anche sporca, piu’ di quanto si riesca a immaginare.
"Raccolta differenziata" fai da te. X pochi cents.
Forse il milionario sindaco Bloomberg dovrebbe pensare piu’ ad un buon piano di derattizzazione che non ad avvallare nuovi e costosi progetti edilizi. Gli inquilini piu’ numerosi della grande mela sono senza dubbio topi e scarafaggi. I cristiani, come le alter fedi, seguono lontani. Imbarazzante ma vero.
Eppure, dicevamo, non si arriva a New York alla ricerca del proprio Shangri-La o di una Spa tutto relax. L’igiene, la cura del corpo e dell’anima, possono attendere, altrove.
Essere parte di questa citta’ eccita, inebria. E’ energia pura! E ti trovi dentro questa grosso circo dove tutto luccica e sa di possibilita’. 
Taxi!! 

E’ come essere in un casino’…le prime mani osservi e lasci giocare gli altri..poi anche a te viene voglia di giocare, non ce n’e’.
Dicono che se rimani a New York (e parlo di Manhattan) piu’ di 4-5 anni, non riesci piu’ a lasciarla. Ti entra dentro come una droga. Vernissage, prime teatrali, manifestazioni, parate, festival, set cinematografici open air, party alla moda, flash mob.. Nella City non manca niente…e una volta, passata la crisi post-overdose e prese le misure alla grande giostra, non si vorrebbe piu’ scendere.  
Folla "astratta" a Times Square

La citta’ come solo in un continente giovane poteva accadere, si e’ sempre plasmata in funzione delle nuove tendenze, mutando laddove si intravedeva il potenziale di un rinnovamento. Il meatpacking district, zona fino ad un decennio fa covo di malfamati e reietti, e prima ancora di grezze macellerie all’ingrosso, e’ ora uno dei quartieri piu’ esclusivi e cari. I Newyorker bohemian o gli attuali hipster, da par loro, hanno invece migrato dal Greenwich Village per stabilirsi a Williamsburg, la nuova area “cool” di Brooklyn. Ma ci sono tante e tante faccie ancora in questa citta’. C’e’ il borough del Queens con la sua babele di quartieri, gente e razze. Periferia residenziale piu’ rilassata, porta sul retro dell’integrazione culturale e razziale. Qui i popoli e le sue genti si stringono attorno alle proprie tradizioni, e rivivono i propri paesi. Poi Brooklyn e Staten Island, backyard dei New Yorkesi stanchi di vivere in un box 4x4 a cifre folli. E il Bronx, culla della comunita’ afro-americana e del black power.
New York e’ New York. Ed e’ tremendamente sexy. Come una donna bellissima che sa sedurti e metterti a tuo agio, salvo poi scomparire dietro una porta con scritto “custumers only”.
Statua della liberta', al tramonto. 
 Ce n’e’ per tutti e ce n’e’ anche per te. Basta saper bluffare, avere delle buone carte e una buona dose di fortuna al tavolo al quale hai scelto di giocare. 
Dove possibilmente conosci il croupier. :)


…It’s all up to you… come si e’ detto…